Vampire The Masquerade: Swansong – La nostra recensione
Il gioco è narrativamente valido e sicuramente l’elemento GdR in questo tipo di avventure è qualcosa che si è visto raramente: consigliato con riserva
Storie del World of Darkness
Da quando è stato annunciato lo sviluppo di Vampire: The Masquerade – Bloodlines 2, sono iniziati ad uscire negli ultimi due o tre anni, diversi giochi ambientati nel Mondo di Tenebra, famoso gioco di ruolo della White Wolf, che ci catapulta in una società in cui vampiri, lupi mannari e umani vivono fianco a fianco, con i primi pronti a tutto per restare nell’ombra e portare avanti i loro “traffichi di sangue” senza destare sospetti.
Vampire: The Masquerade – Swansong, ultimo gioco di Big Bad Wolf Studio, riprende in parte i concetti di avventura narrativa del loro precedente titolo The Council (2018), ma ne arricchisce la struttura con elementi di gioco di ruolo che lo avvicinano in un certo senso alle meccaniche presenti nel cartaceo.
Dopo aver portato a termine il gioco in circa 20 ore, alcuni aspetti non mi hanno particolarmente convinto pur avendone riconosciuto la passione per questo mondo e l’attenta trasposizione da parte dello sviluppatore.
Un’ avventura per tre
Swansong è principalmente un’avventura narrativa sulla falsa riga dei titoli di Quantic Dream o alla Telltale, con meno quick time event ma con più parti da gioco di ruolo, che ci mette di fronte ad una storia globale ma che dovremo affrontare dal punto di vista di tre personaggi: Galeb, Emem e Leysha.
All’inizio del gioco potremo scegliere per ciascuno di essi dei preset tra Investigativo, che permette una migliore raccolta di informazioni; Versatile, che permette una maggiore possibilità di interazione ma con meno padronanza; Veterano, che basa tutto su dialoghi e aspetti che interessano la fisicità ed infine quello Libero, in cui si può plasmare il personaggio a nostro piacimento.
Tutti e tre i nostri protagonisti hanno a disposizione delle abilità per affrontare al meglio gli ostacoli che il gioco ci proporrà come l’Auspex, con il quale saremo in grado di rilevare tracce invisibili o la Velocità, in grado di far raggiungere aree altrimenti inaccessibili.
Ovviamente il gioco si basa prevalentemente sui dialoghi e sulla capacità di compiere le scelte giuste per arrivare alla fine: dovremo capire quali poteri usare, tenendo sempre d’occhio le due barre in alto a sinistra che ci indicheranno la Volontà rimasta e, soprattutto, la Fame.
La prima viene consumata in alcune scelte dei dialoghi: se il livello di Volontà dell’avversario è più basso del nostro vinceremo lo scontro, ma capiterà spesso di essere in svantaggio, costringendoci ad utilizzare il Focus per aumentare le chances di vittoria, esaurendo più in fretta la barra.
Per fortuna ci saranno diversi oggetti consumabili che ce la faranno riempire di nuovo pronti al prossimo dialogo. La Fame, invece, aumenta quando utilizzeremo le abilità soprannaturali, ovvero le Discipline: una volta riempita questa barra, non saremo più in grado di utilizzare i nostri poteri e quindi dovremo “cacciare” degli umani e nutrirci succhiando loro il sangue.
Lo potremo fare, però, solo dopo aver esplorato il livello e scoperto delle zone protette in cui poterci appartare così da non farci scoprire.
Il sistema funziona abbastanza bene e ricorda per certi versi una sessione di gioco del GdR Pen & Paper originale, costringendoci a ragionare bene sulle prossime mosse da fare per non rimanere a secco di punti Volontà o Fame e poter completare alcuni obiettivi facoltativi delle missioni.
Parole poco incisive
Uno dei problemi che ho riscontrato di Vampire: The Masquerade – Swansong è la mole di testo che il gioco ci pone di fronte: oltre ad avere a disposizione un Codex dove ci viene spiegata tutta la terminologia del Mondo di Tenebra, con le biografie dei personaggi e il racconto di vari eventi passati, molti indizi e documenti in cui ci imbatteremo sono davvero lunghi da leggere e, sinceramente, a volte non apportano nessun valore aggiunto alla storia, risultando noiosi e poco interessanti.
Anche i dialoghi spesso si vanno a perdere in discorsi che ho ritenuto banali e inseriti solo per “allungare il brodo”. Ecco una snellita alle chiacchiere avrebbe sicuramente dato un pò di brio in più e mi avrebbe procurato qualche sbadiglio in meno.
Ed infine, ” l’elefante nella stanza “: i volti dei personaggi. Come potete notare dalle immagini, il gioco si difende abbastanza bene per quanto riguarda il comparto grafico, con ambienti vari e spesso suggestivi. Ma se crei un gioco dove buona parte del tempo sono spettatore di scene d’intermezzo e i dialoghi sono la spina dorsale del gameplay, devi fare in modo che i personaggi non sembrino dei manichini.
Il budget del titolo certo non sarà stato degno di un Detroit: Become Human, ma quelle espressioni goffe mandano in frantumi la sospensione dell’incredulità.
Visto anche il buon doppiaggio in inglese, forse sarebbe stato meglio lavorare ancora un pò su qualche animazione facciale in più.
Peccato, perchè il gioco è narrativamente valido (al netto di qualche lungaggine di troppo) e sicuramente l’elemento GdR in questo tipo di avventure è qualcosa che si è visto raramente: consigliato con riserva.