Lost Ember – La nostra recensione
Chi cerca una bella storia per rilassarsi, e anche un pò emozionarsi, può considerare Lost Ember come una buona scelta
In viaggio verso la città della luce
Scrivere la recensione di Lost Ember è da un lato facile e al tempo stesso complicato. Infatti, se dal punto di vista delle meccaniche di gioco c’è pochissimo da spiegare, è molto più difficile descrivere l’esperienza vissuta dal giocatore al termine del viaggio che lo attende.
L’opera prima dei Mooneye, piccolo studio tedesco composto da appena cinque persone, si inserisce in quel filone di avventure narrative alla Journey o ABZU, in cui da giocare c’è ben poco, non si combatte contro nemici e non ci si deve preoccupare della salute del nostro personaggio.
L’unico obiettivo è arrivare alla meta indicata, protagonisti e spettatori di una storia che prova a coinvolgerci emotivamente con il solo scopo di vedere come andrà a finire.
Memorie di una civiltà antica
L’antico popolo degli Yanren chiama Lost Ember quelle anime di persone defunte che non si sono comportate in maniera retta durante la loro vita e, per questo, si reincarnano in altri corpi e in altri esseri. Solo attraverso un percorso di redenzione, l’anima potrà essere liberata e potrà entrare nella Città della Luce.
E sarà proprio questo il nostro scopo, riuscire cioè a liberare lo spirito imbrigliato in un corpo di una lupa, accompagnati da un globo di luce, anch’esso rimasto intrappolato in una sorta di limbo. Durante il corso del nostro viaggio scopriremo come queste due entità siano collegate tra loro, attraverso i loro ricordi passati che andranno a comporre una storia di amore e di odio, di vendetta e di perdono.
Non aggiungerò altro sulla trama visto che rappresenta il pezzo forte del gioco, ma ritengo sia abbastanza riuscita e cattura l’attenzione del giocatore fino ai titoli di coda.
Ah, la metempsicosi
Lost Ember basa tutto il suo gameplay su un’unica meccanica: quella di impossessarsi di altri animali per poter superare gli ostacoli che ci separano da dei punti d’interesse che, una volta raggiunti, faranno proseguire il racconto e ci sbloccheranno una nuova area da esplorare.
Il percorso spesso non risulta lineare e saremo chiamati ad esplorare per bene l’ambiente circostante per riuscire a capire come arrivare alla meta: per esempio, per superare un burrone potremo contare su oche o pappagalli, mentre per superare dei muri potremo diventare una talpa e scavare un tunnel e passarci sotto.
Per allungare un pò la durata, gli sviluppatori hanno inserito decine e decine di collezionabili tra oggetti della civiltà Yanren e vari tipi di funghi.
Ecco, sinceramente avrei evitato di mettercene così tanti, ma alla fine sono facoltativi e nessuno vi obbliga a cercarli tutti.
Sono presenti anche degli animali rari, che si distinguono per la colorazione bianca e che, purtroppo, potevano essere sfruttati in maniera diversa, magari premiando i giocatori che li avevano scovati con qualche forma di potere o abilità che li differenziasse dagli altri animali normali.
Per spezzare il ritmo, ci sono anche un paio di sezioni con semplici quick time event che potevano essere fatte un pò meglio, ma rientrano pienamente nello stile del gioco, ossia quello della semplicità e rilassatezza.
Scenari evocativi e problemi di performances
Il comparto tecnico di Lost Ember non nasconde la sua natura di gioco indie, caratterizzato da scenari dal buon impatto artistico, ma abbastanza carente sotto l’aspetto della modellazione poligonale e delle animazioni.
Inoltre la versione PS4 provata presenta davvero tanti problemi di frame rate con frequenti blocchi che non sono giustificati vista la semplicità degli ambienti. Anche il doppiaggio in inglese non mi è parso dei migliori con un livello recitativo davvero piatto.
Promosse invece le musiche davvero coinvolgenti ed azzeccate nell’accompagnare il giocatore nel suo viaggio, seppur breve. Eh sì, Lost Ember si finisce in un pomeriggio con circa 4-5 ore ma, secondo me, non è necessariamente un male visto che la storia è ben narrata e mantiene sempre la giusta intensità.
Certo con qualche puzzle ambientale in più o un uso migliore di alcuni animali, il gioco ne avrebbe sicuramente giovato, ma anche così chi cerca una bella storia per rilassarsi, e anche un pò emozionarsi, può considerare Lost Ember come una buona scelta.