A Plague Tale: Innocence – La nostra recensione
A Plague Tale ha la grande capacità di far sentire appagato il videogiocatore.
Tripla A
C’eravamo lasciati il 3 Maggio con le notizie che pubblicammo a proposito di A plague Tale: Innocence e del nuovo trailer rivelatore di nuove informazioni sul titolo sviluppato da Asobo Studio e pubblicato da Focus Home Interactive ed oggi, a distanza di qualche giorno , lo abbiamo per le mani su Xbox One pronti a scoprire quello che ha in serbo per noi.
Sono qui, gamepad alla mano, curioso come non mai per quello che si preannuncia essere qualcosa di speciale in quanto trasuda appeal fin dalla schermata iniziale: per l’occasione decido anche di streammarlo su Twitch e su Mixer per condividerne con i followers più assidui le sensazioni in blind.
Fin dal principio, il titolo dimostra una cura ed un “rispetto” per il giocatore stesso degno di menzione; partendo dalle opzioni del menù infatti si denotano aspetti personalizzabili che tendono la mano all’utente finale per farlo godere dell’esperienza di gioco al meglio delle proprie preferenze. Si passa dai canonici settaggi audio alle impostazioni degli elementi dell’ HUD, al bilanciamento del movimento della cam intorno al personaggio ed il movimento dello stesso.
Il tutto è racchiuso in uno schema minimale, che sussurra intenti del tipo : ”Ehi…voglio raccontarti una storia..” ma non per questo privo di profondità nella personalizzazione dell’esperienza in game. Features non per forza dovute nei confronti del giocatore se si considera il fatto che siamo di fronte ad un titolo che non è classificabile tra le produzioni Tripla A, che punta forte sull’elemento narrativo, ma che, col senno di poi non ha nulla da invidiare alle pubblicazioni dei maggiori publishers presenti sulla piazza.
Partendo dall’installazione fino ai titoli di coda sono stato accompagnato da una personale sensazione, la sensazione di deja-vu che mi riporta ai giorni di The Last of Us. Il titolo di Naughty Dog aveva lasciato un piccolo vuoto in cui A Plague Tale va a collocarsi con pieno diritto ma soprattutto con pieno merito.
Chapeau!
Iniziamo col dire che questo è un racconto, un viaggio interattivo a tinte fortemente drammatiche che lasciano senza dubbio il segno.
Chiunque tra voi players abbia voglia o necessità di emozionarsi è il benvenuto di certo. Siamo in scena nella Francia della Guerra dei 100 anni, a cavallo tra il 1300 ed il 1400. L’ inquisizione e le sue purghe imperversano come del resto la piaga più buia dell’era in cui si svolgono i fatti : la grande Peste Nera .
Amicia e suo fratello Hugo, sono in fuga dai ratti e da questo scenario disperato, uno scenario supportato da un motore grafico di eccellente realizzazione, soprattutto se si considera le dimensioni “non extra-large” del team di sviluppo Asobo.
Allo stesso tempo e di nuovo col senno di poi, potrei anche dire che, in un contesto ed in una narrazione così ben realizzata, un livello grafico come quello a cui si assiste in questo titolo aggiunge valore all’esperienza di gioco, ma non avrebbe tolto nulla a quello che la storia in sé e per sé riesce a donare al giocatore se fosse stata realizzata in maniera meno curata.
Nonostante la narrativa sia l’elemento portante , A Plague Tale non è soltanto questo; di capitolo in capitolo scopriremo che è presente un giusto mix che va a toccare elementi magico-alchemici e qualche tinta horror con la grande abilità di non perder mai la retta via e sfociare in qualcosa di diverso che rischierebbe di snaturare di fatto la vicenda .
Plauso per la direzione artistica : anche se il gioco sporadicamente, ma stiamo spaccando il capello in quattro, appare come una tavolozza di un pittore che ha appena dipinto il suo capolavoro, qualche “sbaffo”, come alcune texture non al pieno della propria tonicità, ci possono stare, specialmente quando il risultato finale è una simil-Monnalisa.
Illuminazione e contrasti con le ombre realizzati a regola d’arte, non tralasciando i muscoli dell’engine quando i migliaia di ratti portatori di peste saranno presenti a schermo come un unico agglomerato scivolando ed adattandosi ad ogni superficie presente a schermo. Sensazionale.
Altro fattore che non passa in sordina sono le atmosfere uniche che trasmettono fedelmente il senso di marciume di cui la storia è permeata. Confesso di aver scattato almeno una trentina di screenshot alle pozze d’acqua in campagna e al paesaggio circostante al tramonto o di prima mattina , alle ambientazioni a tinte romantiche dei boschi fino ai clericali silenzi delle chiese per arrivare al grigio sanguinoso dei campi di battaglia post pugna. Il bilanciamento di tutte le componenti, oltre alla storia, è quello che fa la vera differenza.
Il risultato è un ‘esperienza che non si ripete mai e colpisce il cuore dei giocatori. Chapeau!
Brotherhood
Amicia e Hugo: parlando di loro non si può non sottolineare la cura per il dettaglio nelle espressioni, nei dialoghi e nei costumi. In termini di gameplay, premesso che con una trama di tale spessore i difettucci passano in secondo piano per il sottoscritto, qualche piccolo intoppo nel controllo dei due si riscontra: ad esempio quando andremo ad accucciarci per passare sotto qualche tronco o la legnosità fronteggiata nello spostare le casse che ci permetteranno di scavalcare una parete.
Ad essere onesti proprio una cassa da spostare mi ha fatto pensare a problemi di mappatura dei comandi e alla loro responsività. Qualche oliatina al mirino della fionda di Amicia avrei voluto darla, specialmemnte durante uno scontro vero e proprio contro un cavaliere in armatura pesante, sopraffatto più dalla propria IA che dalle abilità di lancio della nostra protagonista.
Interessante, ma non di certo nuovo, il sovrapporsi delle sezioni puzzle, dove il piccolo Hugo, che è quasi sempre mano nella mano con la sorella, dovrà per forza separarsi dall’ala protettiva di Amicia per sgattaiolare in qualche cunicolo e liberare la strada per avanzare. Se poi vogliamo proprio cercare il famoso pelo nell’uovo, qualche cosa in più si poteva rivedere nella gestione delle telecamere in quanto in più di una occasione, di fronte ad un vicolo cieco, la nostra Amicia ha preferito ripercorrere all’ indietro i passi intrapresi piuttosto che voltarsi insieme all’ inquadratura e cercare un nuovo percorso.
In tutto ciò, ci alterneremo anche in fasi in cui lasceremo da solo nostro fratello Hugo per creare diversivi, a patto però di non allontanarci troppo altrimenti il piccolo verrà sopraffatto dalla paura ed in preda al panico attirerà l’attenzione dei soldati dell’inquisizione o dei nemici.
Io stesso, scavalcando una staccionata con Amicia senza prima aiutare Hugo a farlo, ho scatenato le lacrime e l’attacco di panico del piccolo. Toccante ed istruttivo.
Proprio in avvio, una piccola scena ci spiega come mai il piccolo Hugo non stia proprio in formissima… lascio naturalmente a voi scoprire il perchè.
A chi spoilera … peste lo colga!
Come detto, in terza persona, vivremo la vicenda dei fratelli De Rune ma lungi da me fare spoiler su questo gioco. Per quello che provato io giocandolo sarebbe poco corretto e rovinerebbe quella che a mio modesto modo di vedere è una avventura che ognuno di noi dovrebbe prendersi il tempo di vivere sulla propria pelle.
Ognuno dovrebbe lasciarsi letteralmente rapire dalle musiche, dai dialoghi dalla tensione dello stealth, dagli enigmi e dal level design, onestamente non esaltante ma non per questo privo di soluzioni originali e creative.
A Plague Tale ha la grande capacità di far sentire appagato il videogiocatore. Con l’avanzare dei capitoli è riuscito ad aumentare il mio livello di intrattenimento ed interesse introducendo di volta in volta sempre nuovi elementi di gioco quali possibilità di scassinare serrature, nuovi enigmi, munizioni speciali ed upgrade della propria fionda che con il passare delle ore diventerà la nostra immancabile ombra… dopo Hugo ovviamente.
Il titolo riesce nell’impresa di farci compiere approcci alle situazioni con soluzioni sempre diverse alle precedenti oltre che farci passare dallo stealth all’azione pura mantenendo sempre in equilibrio l’ago della bilancia.
Nota di menzione anche per i collezionabili, oggetti che racchiudono nozioni sull’epoca e sulla grande piaga della peste. E come non parlare dei fiori che nelle mani di uno dei nostri personaggi diventano una tenerissima e romatica scenetta che scioglie i cuori. Vi auguro di poter assistere a questo il prima possibile, tanto è squisito il passaggio dalla cruda realtà della peste all’amore di due fratelli nella breve sequenza citata poc’anzi.
Anche se potreste trovare il gameplay poco competitivo per via dell’ IA nemica che rende tutto molto semplice, specie nelle prime ore di gioco, fate riferimento, se volete, al fatto che Asobo Studio ci ha voluto raccontare una storia e lasciarci qualcosa su cui emozionarci, sulla quale rimembrare tra qualche anno con una nota di tenerezza e perchè no, amore per i nostri familiari.
In fondo se ripenso alla mia prima volta su The Last of Us e a quello che ho vissuto mi ritrovo a provare le medesime emozioni che solo le storie ben raccontate e realizzate sanno regalare.